Platone - La visione politica e il problema educativo

 La concezione politica è per Platone il cardine intorno a cui ruota la sua filosofia che mette le basi per un modello di Stato ideale.

La Repubblica
La Repubblica è un dialogo di 10 libri composto tra il 380 e il 370 a.C., in cui Platone dichiara che la vita ordinata dallo Stato è lo specchio dell'uomo e della sua anima, quindi è impossibile immaginare l'uomo come un individuo slegato dalla comunità di appartenenza, in cui è membro della propria città e di conseguenza realizzato.
In questa opera Platone espone un modello di Stato utopico, in cui vigono l'armonia, le virtù e la felicità, che deve essere un punto di riferimento per i cittadini e i politici e di confronto.

Il modello di Stato ideale
Nel modello di Stato platonico ci sono tre classi:
1. la classe dei governanti, caratterizzata dalla saggezza, virtù dell'anima razionale;
2. la classe dei guerrieri, guidati dal coraggio, virtù appartenente all'anima irascibile;
3. la classe dei lavoratori, caratterizzata dalla temperanza, virtù dell'anima concupiscibile e virtù civica di eccellenza necessaria per arrivare a accordi e non far cadere lo Stato.
LA giustizia sta nel saper adempiere bene il proprio compito di cittadini, quindi le cariche devono essere ricoperte da chi di dovere capace e adatto a svolgerle.

L'aristocrazia della ragione
Per Platone al governo ci dovevano essere un regime aristocratico guidato dai migliori per natura per guidare gli altri uomini, ritenendo la democrazia degenerativa in uno Stato, in cui dovrebbe avere il potere chi è consapevole del valore assoluto della conoscenza e della dedizione al bene comune, un'aristocrazia dello spirito e della ragione: i filosofi.

I regimi corrotti
Per il filosofo ateniese ci sono 4 regimi politici, che mette in ordine crescente di degenerazione:
1. la timocrazia, un potere basato sull'onore di chi è al governo;
2. l'oligarchia, cioè il potere basato sul censo e che crea ingiustizie che rendono il governo profondamente precario perché giustizia e valori assenti;
3. la democrazia, in cui i poveri prevalgono sui ricchi dando così vita alla presenza costante dell'individualismo, dell'anarchia e di una sfrenata libertà, che rendono l'anima dell'uomo democratico volubile e non equilibrata;
4. la tirannia, in cui il tiranno si libera delle persone sagge e intelligenti alleandosi con gli uomini peggiori e abbandonandosi alle passioni più disordinate e a orrendi misfatti, risultando malvagio e disonesto, quindi infelice.

Il ruolo e il percorso educativo dei filosofi
Per Platone i governanti dovevano essere i filosofi, dediti allo studio e alla conoscenza razionale, superiore a quella sensibile o alla tecnica; per questo il suo progetto educativo consisteva nella ricerca della verità e del Bene, la ricerca razionale.
Dai 7 anni il fanciullo studiava musica e matematica, che aiutava nella "conversione dell'anima" essendo una scienza propedeutica alla filosofia, e praticava ginnastica.
A 18 anni si faceva il servizio militare e dopo 2 anni si iniziava a studiare le scienze. A 30 anni i migliori e i più meritevoli proseguivano con lo studio della filosofia e del metodo dialettico, cosa che li introduceva alla vita pubblica a 35 anni, che doveva essere svolta senza possedimenti privati e famiglia, che non rendevano frutto dell'ideale formativo estremizzato e impegnativo.

Il mito della caverna
Platone inserisce il mito della caverna nel VII libro della Repubblica, in cui inserisce un compendio della metafisica, della gnoseologia e della concezione etico-politica platoniche, che permettevano di trovare l'ispirazione politica.


Il significato del mito
Con il mito Platone voleva rappresentare la formazione del filosofo e del destino. La caverna è l'allegoria del mondo sensibile e il prigioniero con il percorso intrapreso al di fuori di essa simboleggia il faticoso itinerario educativo del filosofo, che fa ritorno tra i suoi compagni per governare la città, in questo caso per salvarli. Quindi il filosofo deve impegnarsi fino in fondo a vantaggio dei propri cittadini e di conseguenza la filosofia non deve estraniarsi dalla vita civile e politica, ma lottare per il trionfo della giustizia.
 
Il ruolo marginale dell'arte nel percorso educativo del filosofo
Platone reputa necessaria la presenza delle arti, in particolare della poesia e dell'epica, nel curricolo formativo del giovane studente, ma giudica l'arte in modo negativo, perché diffonde male ed errore, tendendo quindi a lusingare con immagini frivole e false le coscienze dei giovani. Basti pensare a Omero, apprezzato dal filosofo, che definisce il poeta creatore di fantasmi perché trasmette i vizi umani e dando vita all'ingiustizia, cosa opposta rispetto alla virtù e al Bene.

L'arte come imitazione di imitazione
Per il filosofo di Atene l'artista imita la realtà sensibile, che è l'imitazione del modello ideale, essendo così frutto dell'immaginazione. Per questo l'arte è controproducente nella formazione del filosofo., perché dimensione di sogno, immagini di conoscenze fugaci e ingannevoli che confondono e distraggono, di conseguenza gli artisti attingono alla vera essenza dell'oggetto per i giovani e gli ingenui, che devono contemplare la vera realtà dell'essere, il Bene e le altre idee.

L'arte come divina pazzi
L'arte è diseducativa per Platone per due motivi: essa fornisce modelli eticamente negativi e allontana dal vero.
Per quanto riguarda i poeti, c'era la credenza che fossero ispirati dagli dei nella composizione dei propri canti. Nello Ione, i poeti sono per Platone ispirati e anche posseduti dagli dei, per questo venivano baccanti. Quindi i poeti erano mediatori tra gli uomini e gli dei, cioè interpreti del pensiero divino.
Il poeta non utilizza quindi la ragione, una condizione lontana dalla condizione del filosofo e che all'ascolto fa suscitare il potere irrazionale della poesia con la sua suggestione fascinatrice.

Omero


La supremazia della ragione
L'arte è quindi inferiore alla ragione perché diseduca, allontana dal vero e vince l'animo dell'artista attenuando la sua capacità di giudizio. Quindi Platone critica la vecchia concezione di educazione, caratterizzata dallo studio dei classici, che doveva essere sostituita con un percorso che si fondi sul metodo dimostrativo e dialettico della filosofia; di conseguenza Platone vede l'educazione da un punto di vista dell'educatore e del legislatore.

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